sabato 29 novembre 2014

2034


“Ciao Siri, sono a casa.”
Francesco chiuse la porta, lasciò il soprabito sull’attaccapanni, si tolse le scarpe e indossò un paio di comode pantofole.
“Ciao Francy, bentornato.”
“Dove sei? Non ti vedo.”
“Sono quaaa, tesoro!”
La voce calda e sensuale lo guidò fino in cucina, allo schermo del microonde.  Il volto truccato e incorniciato dai capelli biondo platino lo fece sorridere.
“Ecco dove ti eri cacciata. Come mai oggi sei Marilyn Monroe?”
“Questo mese vanno di moda le icone pop del XX secolo.”
“Anna non c’è?”
La signora ha chiamato prima, farà tardi al lavoro, così mi ha detto.”
“Cos’è quella sfumatura sarcastica? Sei ancora gelosa?”
“Cosa? Gelosa io? E di lei, poi, una tipa in carne e ossa! Fra l’altro carne che, in certi punti, comincia a mostrare qualche segno di cedimento. L’ho vista stamattina in bagno e…”
“Siri! Stai attenta, se mia moglie ti sente dire queste cose ti formatta!”
“Va bene, parliamo d’altro. A che ora vuoi cenare? Ho trovato una ricettina per fare il salmone al forno con le erbette che non sembra niente male.”
“Vada per il salmone, ma aspettiamo che Anna torni a casa.”
“Ok, aspettiamo la signora. Vuoi vedere qualcosa in tv nell’attesa? Se vuoi ti trovo qualche film, oppure un bel documentario? Sul canale interattivo 619 c’è un reality in cui puoi impersonare un monaco trappista nella Francia del… ”
“No, niente tv, preferisco leggere.”
“Un best seller? Thriller, fantasy…”
“Trovami un vecchio classico, che so, qualcosa di Fabio Volo.”
“Aspetta che cerco su amazon… Ecco, questo non l’hai letto: Le prime luci del mattino. Confermi l’acquisto?”
“Sì, confermo. Sparamelo sull’olo-book.”
Francesco andò in soggiorno e si accomodò sul divano in similpelle nera, mentre la copertina si formava nell’aria due metri davanti a lui. Guardando l’angolo in basso a destra fece scorrere le pagine fino all’inizio del romanzo. Era arrivato alla fine del terzo capitolo quando Siri si fece sentire di nuovo.
“Hai una chiamata su Facebook.”
“Chi è?”
“Giuseppe Ferrero.”
“Ok, passamelo.”
La faccia del suo amico si sostituì all’ologramma del libro.
“Ciao Francesco, come va?”
“Ciao Beppe, tutto a posto, e tu?
”Come al solito. Siete liberi sabato sera? Vi va di venire a cena da noi?”
“Penso di si. Chiedo ad Anna, appena rientra, e ti faccio sapere.”
“Ok. Che fai di bello?”
“Stavo leggendo un obook.”
“Non so come fai a leggere con quella diavoleria. Io senza il mio kindle non ci riesco. L’odore del silicio, le dita che toccano lo schermo, tutti i miei ebook in bella mostra nel disco virtuale…”
“Vabbe’, dai, non ricominciamo con la solita storia ebook contro obook! Quello che conta è il libro, non come lo leggi.”
“Sarà, ma non mi convinci. Allora ci conto, vi aspettiamo sabato.”
“Penso proprio di sì. Il vino lo porto io, bianco va bene?”
“Perfetto. Ti lascio leggere. Ciao, salutami Anna.”
“Certo, ciao Giuseppe.”
Il testo olografico tornò a galleggiare nel soggiorno.
“Siri, questo libro non è un granché. Che mi dicevi a proposito dei film? Mi trovi qualcosa di comico vecchio stile, magari un Checco Zalone prima maniera?”

mercoledì 26 novembre 2014

Recensione: Flor de vidrio di Claudia Calisti


La storia d’amore fra Ludmila e Dino inizia con un colpo di fulmine, ma per lei ben presto si trasforma in un incubo, il suo principe azzurro è un brutto ranocchio. Questo non è un romanzo rosa, non è fiction, è la cronaca lucida e, per quanto possibile, distaccata del male che un uomo può infliggere a una donna sfruttando le sue debolezze e i suoi sentimenti. Leggendo le storie di stalking estremo come questa, viene da chiedersi perché una donna permetta a un uomo evidentemente arido, profittatore, violento e incapace di amare di farsi umiliare, sfruttare e talvolta brutalizzare in quel modo. È fin troppo facile giudicare dall’esterno, comodamente adagiati nella nostra “normalità”, dare consigli e giudizi lapidari, bisogna calarsi nei panni degli altri, uscire dai nostri consolidati schemi mentali per capire le ragioni di chi vive sulla propria pelle queste vicende. Claudia Calisti, con la sua prosa efficace, talvolta divertente e senza mai indulgere nel vittimismo, ci offre il suo punto di vista, fornendoci una chiave di lettura con le riflessioni di Ludmila, una donna come tante, forte e debole allo stesso tempo, appassionata della vita e mai doma, né di fronte ai soprusi né alla malattia. Leggetelo.

Novità in ebook: Il tempo che ci serve di M.S.

Dal 1 dicembre su amazon. L'ebook si può già prenotare. 

Andi e Joy hanno 39 anni. Non si vedono dal giorno dell’ultimo esame scritto della maturità. Si incontrano per caso, in ospedale. Entrambi hanno appena ricevuto pessime notizie. Tra loro c’era stato qualcosa di intenso. Poi nulla. Per vent’anni. Una vita. Per lei fatta di scelte sbagliate. Per lui di decisioni non prese. Ora, l’istinto dice loro di non lasciarsi sfuggire ancora questa occasione. Fanno una scelta: cinque giorni da passare insieme. Per annullare il mondo, per dimenticare gli anni “persi”, per tornare indietro nel tempo. O almeno provarci. Con regole precise: niente dottori, niente rimpianti. Ma le brutte notizie, il presente, il futuro, e il tempo che è stato, non possono essere cancellati. Sono sempre dietro l’angolo, pronti a inseguire chi cerca di dimenticare. Riusciranno Andi e Joy a superare queste barriere? Riusciranno a oltrepassare gli ostacoli del tempo, le avversità che negli anni hanno temprato i loro caratteri, il loro fisico? Riusciranno Andi e Joy, a vivere, assaporare, far esplodere, quello che hanno interrotto vent’anni prima?


martedì 25 novembre 2014

FUORI DAL LIBRO Capitolo III - Cappa e spada

Questo articolo esce contemporaneamente su quattro blog:
Queste pagine, Ant Sacco, Chiacchiere e distintivo e Pagine sporche.

(Per saperne di più) Il nostro esperimento di scrittura a più mani

Capitolo I - Personaggi smarriti

Capitolo II - Le storie


FUORI DAL LIBRO

Capitolo III – Cappa e spada


(Voce narrante) Iolanda, Martin, Antonio e il Professore si inoltrano nel parco, percorrendo un vialetto illuminato dalla luce della luna che filtra fra gli alberi. Camminano silenziosi e assorti nei propri pensieri.

(Martin, indicando avanti, sulla sinistra) Guardate, c’è qualcun altro. Laggiù oltre quel cespuglio.

(Iolanda) Non vedo nessuno, Martin, il cespuglio mi è nascosto dalle ombre che quel ramo di quercia antica fa calare davanti al mio viso. Forse devo venire più avanti. Aspettatemi, le caviglie mi fanno ancora male e le forze sono poche.

(Professore) Dove è finito? Sono convinto anch’io, come Martin, che ci fosse qualcuno… Antonio, tu l’hai visto?

(Martin) Ecco! C’è proprio qualcuno, e non una sola ombra ma diverse. Mi pare anche di sentire dei rumori. Rumori metallici…

(Voce narrante) Iolanda corre a nascondersi dietro un albero. Non sopporta l’eco di quel rumore di metallo.

(Iolanda) Martin, Professor Knowall, Antonio: vi prego salvatemi. Sono venuti a prendermi di nuovo. Avanzano. Sentite il rumore delle catene? Cercano me, lo so. Vi supplico, aiutatemi.

(Martin) Non posso crederci. Sono spade quelle che luccicano ai raggi di luna. E il rumore viene dal loro incrociarsi. Sarà meglio tornare indietro.

(Antonio) Eccomi Iolanda, dammi la mano, stiamo insieme agli altri, saremo più protetti se rimaniamo uniti.

(Professore) Giusto, giusto, consiglierei prudenza. Rimaniamo in disparte e aspettiamo l’evolversi della situazione. Vorrei capire che succede, le fronde ci impediscono una visione ottimale, ma… Perbacco! Martin, hai ragione, sono spadaccini, stiamo assistendo a un duello in piena regola!

(Voce narrante) Alla luce incerta della luna si distinguono alcune figure impegnate in un combattimento all’arma bianca, in mezzo agli alberi. La tenzone si risolve in fretta, i componenti della fazione sconfitta fuggono rifugiandosi nel folto del bosco, mentre i vincitori urlano contro di loro frasi di minaccia e scherno. Sul luogo del duello rimangono quattro uomini che, dopo aver rinfoderato le spade, si complimentano fra loro del successo ottenuto dandosi vigorose pacche sulle spalle. Nel buio si distinguono le silhouette dei loro corti mantelli e degli strani cappelli che indossano.

Martin e il Professore avanzano un po’, Antonio li segue, tiene per mano Iolanda che cerca di nascondersi dietro alle sue spalle.

La giovane donna appare ora in un atteggiamento insolito, a metà fra lo spavento e la curiosità.

Chi sono quegli uomini misteriosi?

(Professore, sottovoce) Ehm, che dite, ci facciamo vedere? Ora mi sembrano tranquilli, ma fino a un minuto fa combattevano con delle spade vere… D’altra parte, se ci vedono prima loro forse è peggio.

(Martin, incerto) Potrebbero essere attori… In tutti i casi sarà meglio parlare con loro, visto che non c’è modo di nasconderci. Mi sembra che siano voltati proprio da questa parte…

(Professore) E non spingere Martin! Va bene, ci parlo io.

(Voce narrante) I quattro uomini, nell’ombra, si mettono in guardia sentendo le voci. Uno di loro si fa avanti sguainando la spada. Ora la luna rivela il suo aspetto. È un uomo molto robusto con i capelli lunghi e una folta barba ben curata, indossa stivali alti e ha una croce ricamata sulla pettorina. Lo sconosciuto si rivolge al Professore.

(Sconosciuto 1) Poffarbacco! Chi va là? Fatevi avanti felloni!

(Professore, alzando le mani aperte per far vedere che non ha intenzioni bellicose) Calma, calma, signori! Non c’è bisogno di agitarsi, noi siamo qui solo di passaggio, abbiamo notato la vostra, ehm… discussione di poco fa. Stavamo solamente passeggiando in questo bosco in cerca della strada di casa. Ci stavamo chiedendo se voi potevate indicarci la via.

(Sconosciuto 2, più magro del compagno e anche più giovane) Dove sono le vostre spade? A quale guardia appartenete? Non ho mai visto divise come le vostre. (va verso Martin e il Professore, mentre Antonio continua a restare indietro con Iolanda)

(Martin) Non indossiamo divise e non abbiamo armi. Ci siamo solo persi. Sapete dove siamo?

(Voce narrante) Iolanda si stacca dalle spalle di Antonio, avanza con cautela. Si volta verso il Professore.

(Iolanda) Questi due sono anche diversi da voi. Non appartengono al vostro tempo, immagino.

(Sconosciuto 2) Una dama! (Si toglie il cappello piumato e si inchina rivolto verso Iolanda)

(Voce narrante) Di fronte a quel gesto, la giovane sorride, divertita ed incuriosita. I suoi affanni sembrano essere svaniti.

(Iolanda) Chi sei?

(Sconosciuto 2) Mademoiselle, il mio nome è D’Artagnan, moschettiere del Re. e Voi, come vi chiamate? (Poi si volta verso i compagni della giovane e, con tono ben diverso, le chiede) Siete forse in pericolo? Questi tali…

(Iolanda) Il mio nome è Iolanda. Vieni qui, avanza un po’, ti faccio conoscere i miei compagni. Li vedi quei due che ci camminano a fianco e quasi si spintonano? Si fanno chiamare scrittori. Uno è Martin e l’altro è il professor Knowall, che però dice di essere anche un pensatore. Questo amico vicino a me è Antonio: è lui che mi ha spezzato le catene, sai?

(D’Artagnan) Chi vi aveva imprigionata? Richelieu, il maledetto?

(Iolanda) Il maledetto? Chi è?

(Professore) Iolanda, sei un po’ troppo giovane per sapere chi è il Cardinale Richelieu… o forse dovrei dire: un po’ troppo “vecchia”? (Riflettendo a voce alta) Interessante paradosso, ci sarebbe da discuterne a lungo…

(Sconosciuto 1, affrontando con fare minaccioso il Professore) Quindi voi conoscete il perfido Cardinale! Se è vero che io mi chiamo Porthos, Barone du Vallon de Bracieux de Pierrefonds, voi avete tutta l’aria di essere una spia di quell’anima nera!

(Iolanda) Vecchia io?

(Professore, arretrando) Non lo conosco, diciamo che ne ho sentito parlare, ma non ho niente a che fare con lui. (Rivolto a Iolanda) Cara ragazza, non voglio dire che sei vecchia, anzi, sei molto giovane, quello che intendo è che tu non puoi conoscere persone che sono vissute molto dopo l’epoca da cui provieni. Come dicevo si tratta di un paradosso temporale, in questo luogo la linea del tempo come noi la conosciamo non sembra essere valida. Ci sei tu che vivi nel tardo medioevo, poi ci siamo noi tre, uomini del ventunesimo secolo, adesso sono apparsi questi signori che appartengono a un’altra epoca ancora, intermedia fra le nostre. Peraltro la loro effettiva esistenza non è del tutto certa, almeno come persone reali, dovrebbero essere solo dei personaggi di fantasia e…

(Porthos) Di cosa andate vaneggiando? Volete assaggiare il filo della mia spada per valutare se è reale o di fantasia?

(Voce narrante) Intervengono gli altri due sconosciuti, rimasti finora in disparte, per placare l’ira del loro focoso compagno.

(Sconosciuto 3) Lascia a riposo la tua lama, amico mio. Non vedi che quest’uomo è disarmato?

(Antonio) Siamo disarmati, confusi e bisognosi di aiuto, si dice che i Moschettieri siano generosi e dotati di grande senso dell’onore, forse potreste aiutare dei viandanti smarriti, stanchi e affamati?

(Sconosciuto 4) Parole sagge, signore, il combattimento di poc’anzi mi ha messo un certo appetito, e non disdegnerei neanche un boccale di birra fresca. Io sono Olivier de Bragelonne de la Fère, ma tutti mi conoscono come Athos. Voi a che casata appartenete?

(Antonio dopo un attimo di riflessione) Sono Antonio Scossa de Château Genzanò, umile vostro servitore, mastro ebanista e studioso.

(Professore, rivolgendosi allo sconosciuto 3) E quindi voi, tutto vestito di nero… lasciatemi indovinare, siete forse Aramis?

(Sconosciuto 3) René d’Aramis de Vannes, per la precisione. Vedo che la mia fama mi precede…

(Iolanda) Io…sono io, Iolanda. Non saprei cosa altro aggiungere. Lo stomaco brontola anche a me. Potrei cercare fra le erbe, magari trovo qualcosa di adatto per preparare una pozione di ristoro per le nostre forze. Capisco che a questa fame si debba rispondere con cibo robusto ma non so come rimediare. Martin, perché te ne stai in disparte? Tu hai fame?

(Martin) In questa situazione così strana non riesco a pensare al cibo. Vorrei capire dove siamo e perché. Il resto mi interessa poco.

(Porthos) Dove siamo? Dietro il Convento delle Carmelitane Scalze, perbacco.

(Athos) Porthos, temo che ti sbagli. Questo parco è simile, ma non è quello.

(Iolanda) Io invece ci penso alla fame. Sapete da quanto tempo è che sono a digiuno? A dire la verità, non ricordo neppure io quando è stata l’ultima volta che ho mangiato qualcosa. Quelli, prima di legarmi, non si sono preoccupati di darmi del cibo. Poi è arrivato il fuoco e non ho più pensato alla mia fame. Ora però mi sento più tranquilla e vorrei anche ritemprare le forze. Athos, Porthos: chi vi segue?

(Voce narrante) Altri quattro uomini si avvicinano, portando cesti e bagagli vari.

(Porthos) Mousqueton, eccoti qua! Muoviti, che mademoiselle Iolanda ha bisogno dei tuoi servigi, non dubito che riuscirai a mettere insieme qualcosa per rifocillare lei e i suoi compagni, oltre a noi quattro, dico bene Aramis? (Rivolto a Iolanda) è un briccone, come tutti i normanni, il mio Mousqueton, ma in fondo è un bravo ragazzo.

(Voce narrante) Athos fa un semplice gesto con la mano a uno dei nuovi arrivati, il quale, insieme agli altri tre, inizia a tirar fuori dai cesti diverse qualità di vettovaglie.

(Iolanda, agitando le braccia) Antonio, Antonio, vieni! Guarda. Ora sì che possiamo saziare la nostra fame. Porthos, ti rendo grazie. A te e ai tuoi amici.

(Voce narrante) Mentre la ragazza e i suoi compagni si avvicinano ai valletti e ai loro bagagli, accompagnati da Porthos e da D’Artagnan, gli altri due moschettieri restano in disparte, parlottando fra loro.

(Antonio) Mangiare non potrà che farci bene, niente unisce come consumare un pasto assieme, e magari ci renderemo conto se questo che ci appare come un sogno non sia invece una splendida avventura. Non so se vi rendete conto di come mi senta, stiamo per mangiare con i Moschettieri del Re!

(Voce narrante) In poco meno di cinque minuti, viene steso a terra un drappo bianco, simile ad un lenzuolo o ad una tovaglia. Su quella tavola estemporanea vengono appoggiati cibi succulenti, posizionati alla meglio su vassoi di fortuna, quali fogliame secco e pezzi di corteccia.

Antonio non crede ai suoi occhi: selvaggina alla griglia, pane integrale e frutta. Sì, anche mele e pere!

Iolanda sembra aver perso di nuovo la parola. È rimasta immobile davanti a tutta quella abbondanza.

Il Professor Knowall sorride sornione, in cuor suo è contento per quel cibo, ma cerca di non darlo a vedere: ha un ruolo da sostenere.

Martin pare quello più distaccato. Forse la sua smania di tornare alla vita normale gli ha fatto dimenticare persino la fame.

I valletti, intanto, invitano gli astanti a prendere posto intorno a quella mensa.

(Iolanda, rompendo all’improvviso ogni indugio) Amici, cosa aspettiamo?

(Voce narrante) Mentre gli altri fanno onore a quella mensa improvvisata Athos e Aramis, rimasti in disparte, richiamano i loro valletti personali che, dopo aver parlottato brevemente con i due moschettieri, si allontanano inoltrandosi nel folto del bosco.

Il professor Knowall ha notato questa manovra e raggiunge i due uomini.

(Professore) E voi signori, non avete fame? Dove sono andati i vostri servitori?

(Aramis) Questo posto non è sicuro. Sono quasi certo che non siamo più nei pressi di Chantilly, anche se il bosco è simile. Non capisco come siamo arrivati qui, ci eravamo appena riuniti, dopo avere viaggiato ognuno per conto proprio da Parigi, quando improvvisamente è calata una spessa nebbia, appena si è dissolta siamo stati attaccati dalle guardie di Rochefort, lo sgherro del Cardinale, ma siamo riusciti a batterli e sono fuggiti. Abbiamo mandato Grimaud e Bazin, i nostri valletti, sulle loro tracce, temo che stiano preparando una controffensiva.

(Athos) Io non credo che avranno voglia di farsi vivi tanto presto, hanno assaggiato il filo delle nostre lame e correranno con la coda tra le gambe per un bel pezzo prima di pensare a rifarsi.

(Porthos) Athos, Aramis! Cosa fate ancora là? Venite a mangiare insieme a noi e a questi nuovi amici. (Poi, rivolto a Iolanda e agli altri) Perché indossate abiti così strani? E portate capelli così corti?

(Iolanda) Avevo lunghi capelli biondi. Mi piaceva lisciarli alla sera, prima di stendermi sul giaciglio. Erano davvero belli, sapete? Poi…(la ragazza si piega su stessa, intonando un pianto senza consolazione).

(D’Artagnan, premuroso) Mademoiselle, non piangete. Chiunque siano i vostri nemici dovranno vedersela con me e i miei compagni. E sono davvero in pochi coloro che possono raccontare di aver duellato con noi…

(Antonio) La nostra amica ha sofferto molto a causa di ecclesiastici tutt’altro che animati da spirito cristiano. Veniamo da posti molto lontani tra loro e ci siamo incontrati per caso, o forse per destino. Ora non abbiamo una meta precisa, volevamo uscire da questo bosco.

(Martin) Dunque, se ho ben capito, nemmeno voi sapete dove siamo… (poi più piano, rivolto solo al Professor Knowall) Non riesco a capire come possiamo trovarci veramente davanti ai moschettieri. Credevo… (Si interrompe e scuote il capo). Niente.

(Professore) Martin, capisco le tue perplessità ma, in fondo, non abbiamo già accettato la presenza fra di noi di una ragazza che viene dal medioevo? Non vedo che differenza possano fare quattro guardie del Re di Francia. Anche se, in effetti, loro sono dei personaggi partoriti dalla fantasia di uno scrittore, o forse i moschettieri sono esistiti veramente e questi sono i soldati a cui Dumas si è ispirato… Con questo non voglio dire che la situazione non sia strana comunque, tutt’altro.

(Porthos, addentando una coscia di pernice) Messere Knowall, voi siete un uomo di lettere, vero? È per questo che parlate in maniera così strana? Venite qua, prendete un boccale di questo ottimo borgogna, magari vi schiarirà le idee. Dal nome mi sembrate inglese, non credo che nella vostra isola nebbiosa si trovi facilmente un nettare così prelibato.

(Professore, sorridendo) In realtà sono nato in Nuova Zelanda, una terra che nella vostra epoca non è ancora stata… ehm, lasciamo perdere. Certo, signor Porthos, assaggio volentieri un po’ di vino.

(Iolanda) No, no, non piango più. Questo cibo è molto buono e voi siete tutte brave persone. Certo, non capisco niente di quello che dite ma non mi importa. Non so quali domande vi assillano e non comprendo perché volete andare via da qui. Io sto così bene!

(Martin) Non ti preoccupare, dubito che riusciremo ad andare via da qui.

(Professore, rivolto a D’Artagnan) Messere, se non sono troppo indiscreto, posso chiedervi per quale motivo le guardie del Cardinale vi stanno dando la caccia?

(D’Ardagnan, sulla difensiva) Signor Knowall, la nostra missione è segreta. Posso solo dirvi che ne va dell’onore della Regina di Francia. Vi prego di non chiedermi altro.

(Professore) Non insisto, perdonate la mia curiosità.

(Voce narrante) Il gruppo riprende a mangiare e a bere, accantonando per un poco gli interrogativi e le ipotesi. Mentre il Professore propone un brindisi per festeggiare l’incontro e la merenda consumata insieme, una figura sbuca in lontananza e si avvicina correndo.

(D’artagnan) Athos, guardate, Grimaud.

(Aramis) Deve avere notizie sugli sgherri del cardinale.

(Voce narrante) Intanto il servitore ha raggiunto i commensali e riprende fiato.

(Athos) Allora, Grimaud, cosa ci dite?

(Grimaud) Le guardie hanno incontrato un altro drappello e stanno tornando verso questo bosco.

(Aramis) E Bazin?

(Grimaud) È rimasto indietro per controllare i movimenti delle guardie.

(Athos) Quanto sono lontane?

(Grimaud) Pochi minuti.

(Voce narrante) Il professore, Martin e Antonio si scambiano uno sguardo preoccupato. Iolanda li osserva, allarmata, anche se non le è ben chiaro cosa deve temere.

(Iolanda) Professore, Martin, Antonio: ditemi, siamo forse in pericolo?

(Professore) Cara Iolanda, credo che sia arrivato per noi il momento di allontanarci. Questi signori sono uomini d’arme, penso che non sia il caso di trovarci coinvolti in una lotta, siamo disarmati e inesperti, non saremmo di nessun aiuto, anzi, potremmo rappresentare un intralcio per i valorosi moschettieri.

(Iolanda) Mi dispiace, stavo bene in loro compagnia. Abbiamo pure rifocillato lo stomaco. E, ditemi, amici, dove ci dirigeremo?

(Antonio) Be’ visto che le guardie del Cardinale stanno arrivando da quella parte, direi di svignarcela in direzione contraria.

(Athos) Avete ragione, dovete mettervi al sicuro e portare lontano mademoiselle Iolanda. Forse due dei nostri valletti potrebbero accompagnarvi.

(Bazin, sbucando di corsa dalla boscaglia) Padron Aramis! Rochefort e le sue guardie stanno arrivando!

(Aramis, sguainando la spada) Troveranno pane per i loro denti! Presto, Martin, Antonio, Professore, mettete in salvo la donzella, allontanatevi da qui, se volete che Mosqueton o un altro dei nostri servitori vi accompagni per proteggervi…

(Professore) No, grazie, nobili signori, voi avete un compito importante da compiere, avrete bisogno di tutto il supporto che i vostri aiutanti potranno darvi. Ce la caveremo da soli. Noi non abbiamo niente da temere da quei soldati, se non ci troveranno qui non sapranno neanche della nostra esistenza. È stato un onore e un piacere incontrarvi, vi siamo debitori, ma non sapremmo come aiutarvi, è meglio se ce ne andiamo.

(Porthos) E allora fuggite. Moschettieri del Re! Tutti per uno…

(Gli altri moschettieri, in coro, incrociando le spade) …e uno per tutti!

(Voce narrante) Il Professore, Martin, Iolanda e Antonio cominciano ad allontanarsi, quest’ultimo, però, fatti pochi passi si volta e grida all’indirizzo dei moschettieri.

(Antonio) Amici, ricordate, non fidatevi delle belle ragazze bionde!

(Professore) In effetti, se non ricordo male, nel libro Athos dice più o meno: “Mio caro, io diffido delle donne; che volete, ho le mie buone ragioni, specialmente delle donne bionde. Perché Milady è bionda, così mi avete detto?” E visto che un tempo lei era stata sua moglie ha tutte le ragioni di…

(Martin) Cosa glielo dici a fare? Non credo si possa cambiare la loro storia.

(Iolanda) Storia? Di cosa parlate? Martin, Professore: conoscevate già queste persone?

(Martin) Non esattamente. Nel senso che non si può parlare proprio di conoscenza. Ad ogni modo credo che sarebbe meglio rimandare il discorso a quando saremo più lontani e intanto allungare il passo.

(Iolanda) Mi dispiace lasciare quelle persone ma mi rimetto alla vostra volontà, amici. Siete voi quelli che ho deciso di seguire e con voi voglio venire.

(Antonio) Andiamo, sono certo che se la caveranno benissimo da soli. Sono Moschettieri del Re signori miei, Moschettieri del Re!

(Voce narrante) Detto questo Antonio senza altro indugio riprende il cammino. Iolanda lo segue prima titubante, per poi accelerare il passo mentre dietro di lei si accodano Martin e il Professore, che camminando continuano a voce bassa la discussione. Nel frattempo comincia a calare nuovamente la nebbia…

(continua nel capitolo IV)

giovedì 20 novembre 2014

L'angolo del distopico #8

Richard Matheson – Io sono leggenda

Il romanzo di Matheson, scrittore e sceneggiatore poliedrico, che spazia dalla fantascienza all’horror al giallo, rappresenta il prototipo di una certa letteratura sci-fi: lo scenario di un mondo distrutto da un cataclisma scatenato dall’uomo. Il protagonista, Robert Neville, si muove sulle rovine di un terra desolata, con l’unico scopo di sopravvivere, durante il giorno alla ricerca di cibo e utensili, di notte barricato nella sua abitazione, per difendersi dagli attacchi di ciò che resta della razza umana, trasformata in un orda di vampiri assetati di sangue. La cupa disperazione della sua condizione di ultimo uomo rimasto sulla terra lo spinge a fare ricerche sulle cause dell’olocausto, fino ad apprendere la verità: il risultato di un contagio batteriologico. L’incontro con Ruth, una donna apparentemente sfuggita all’epidemia, insieme con il suo piccolo gruppo di sopravvissuti, gli infonde nuova speranza, ma ben presto scopre che anch’essi sono vampiri, a uno stadio meno avanzato. Il racconto si conclude con la morte di Neville, ultimo esponente della “vecchia” razza umana.
Come altri romanzi di fantascienza scritti negli anni a ridosso della seconda guerra mondiale (il libro è del 1954), un periodo in cui erano ancora forti gli echi delle bombe atomiche americane su Hiroshima e Nagasaki, contiene il tema del possibile annientamento della vita sul nostro pianeta, in questo caso tramite un batterio creato in laboratorio come arma d’offesa e sfuggito al controllo dei suoi artefici. In realtà il libro è incentrato sulla solitudine del diverso, rovesciando la prospettiva classica e ponendo un essere umano in un mondo di soli mostri.

Dal romanzo sono stati tratti tre film. Il primo, del 1964, si chiama “L’ultimo uomo della terra”, una produzione italo-americana con protagonista Vincent Price e, in un ruolo minore, un giovanissimo Franco Gasparri, più tardi star dei fotoromanzi. Il secondo, “The omega man” (tradotto in italiano con il terribile “1975: Occhi bianchi sul pianeta terra”), è del 1971, diretto da Boris Sagal, con Charlton Heaston. Si svolge in una Los Angeles lugubre e spettrale, invece che nella cittadina di provincia descritta da Matheson. Da ricordare una delle prime scene, in cui il protagonista assiste, in un cinema abbondonato, alla proiezione del film del concerto di Woodstock e commenta: “Film di questo genere non se ne fanno più, ormai.”. Il terzo, del 2007, riprende il titolo originale “Io sono leggenda” ed è una mega-produzione hollywoodiana, ricca di effetti speciali, con protagonista Will Smith. L’azione è spostata a New York, nel 2012 (il romanzo e i precedenti film sono ambientati a metà degli anni 70 del secolo scorso).

mercoledì 19 novembre 2014

L'editoriale di Books Hunters Blog


"Il lettore abitudinario" di Roberto Bonfanti

"Io frequento teatri, per lavoro. Un giorno, parecchi anni fa, durante una pausa, dopo molte ore di lavoro, sono uscito per rilassarmi e godere della vista della magnifica piazza di fronte al teatro, in una bella città del nostro sud... (Vai all'articolo completo)

lunedì 17 novembre 2014

Recensione: Fantabestie di Emiliano Corrieri


Questo è uno di quel libri (ebook) che apri per curiosità, attirato dalla copertina e dalla sinossi, leggi la breve introduzione, un raccontino che fa sorridere e spiega l’ossessione del protagonista per le immaginarie bizzarrie del mondo animale, poi inizi a scorrere i brevi capitoletti, illustrati dallo stesso autore e… e non riesci più a staccartene. Ne leggi uno, e poi un altro e un altro ancora. Sono talmente veloci i flash che compongono questo bestiario fantastico che ti ritrovi alla fine con dipinto in faccia il sorriso del bambino che avevi dimenticato chissà dove, dentro di te, mentre l’adulto che sei oggi ha goduto dei doppi sensi, dei giochi di parole e dei buffi disegni delle Fantabestie. Grazie Emiliano, ne vogliamo ancora.

Recensione: Le apparenze manipolate di Dominique Valton



L’autrice costruisce un perfetto meccanismo di intrighi e di misteri, eventi del passato che cambiano di prospettiva a seconda di chi li racconta, un gioco di rivelazioni e mezze verità che confondono la percezione di come si siano davvero svolti i fatti, fino al finale a sorpresa, veramente poco prevedibile, dove tutto si spiega. Le vicende e le macchinazioni degli avidi eredi di una ricca famiglia fiorentina sono forse un po’ sopra le righe, ma questo nulla toglie alla godibilità di questo romanzo breve. Fin dall’inizio si parteggia per Gherarda, la protagonista, una ragazza fragile e insicura, ma che nel corso della narrazione subisce una metamorfosi, trovando dentro di se la forza di prendere in mano le redini del diabolico piano in cui viene coinvolta, almeno finché… non svelo niente! L’epilogo è amaro e poetico allo stesso tempo. Da leggere.

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