Jonathan Swift – I viaggi di Gulliver
Immagino già alcuni di voi che storceranno la bocca vedendo questo romanzo inserito nella rubrica l’angolo del distopico. Ma come? – si chiederà qualcuno – Gulliver è un libro per ragazzi, al limite un romanzo di proto-fantascienza, che c’entra con la distopia? Non sono del tutto d’accordo con queste affermazioni, ma ci tornerò più avanti.
Il protagonista del libro, Lemuel Gulliver, si imbarca su una nave come dottore di bordo, in seguito a un naufragio si sveglia legato a terra e circondato da uomini piccolissimi, sull’isola di Lilliput. In un primo momento Gulliver entra nelle grazie dei sovrani, poi cade in disgrazia a causa di intrighi di palazzo (anche l’aver spento un incendio che minacciava di distruggere la reggia orinandoci sopra non lo rende popolare agli occhi della regina!), prima di essere esiliato e condannato a morire di fame riesce ad imbarcarsi su una nave di passaggio.
Abbandonato su un’altra isola fa la conoscenza del popolo di Brobdingnag, uomini alti in media 22 metri, quindi si trova una situazione inversa a quella vissuta coi lillipuziani. Anche in questo caso conquista la stima dell’imperatore di questo popolo, mentre i figli del monarca lo considerano poco più di un pupazzo e lo tormentano con i loro giochi. Nel corso di un viaggio, la scatola in cui viene trasportato viene ghermita da un’aquila gigante e abbandonata in mare. Gulliver viene salvato da una nave di passaggio che lo riporta in Inghilterra.
Poco dopo in nostro eroe riprende il mare imbarcandosi in un viaggio verso le indie, ma il vascello viene attaccato dai pirati che lo gettano in mare. Gulliver si risveglia su un’isola volante, popolata da gente dedita alla musica, all’arte e alla scienza, ma del tutto priva di senso pratico. Visita altre isole volanti e anche il Giappone (all’epoca altrettanto misterioso e sconosciuto per gli occidentali quanto le terre precedentemente descritte), dove ha modo di discutere di filosofia e politica con i fantasmi di personaggi famosi del passato.
Il suo ultimo viaggio porta Gulliver nella terra degli Houyhnhnms, cavalli parlanti e intelligenti, più saggi e civili degli esseri umani, che in questo mondo sono animaleschi e brutali, chiamati Yahoo. Esiliato dal concilio supremo degli Houyhnhnms, che temono la sua natura “umana”, fa ritorno in Inghilterra, dove avrà difficolta a riprendere la sua solita vita, tormentato dalla nostalgia per una società, quella dei cavalli, che ritiene superiora alla propria.
Tornando alle considerazioni che facevo all’inizio, I viaggi di Gulliver è stato spesso considerato un libro per ragazzi, evidenziandone un aspetto marginale e favolistico, quello che pone il protagonista come un gigante in mezzo a esseri piccolissimi e poi, a sua volta, un nano in mezzo ai giganteschi Brobdingnag. Sono spesso queste le due avventure più conosciute del libro (mentre le altre hanno meno “appeal” e notorietà) tanto da aver generato il termine “lillipuziano” entrato nel lessico comune.
Swift (e qui rientriamo nei canoni classici della distopia che, ricordiamolo, è la rappresentazione fittizia dell’estremizzazione dei difetti della civiltà) usa le avventure del suo protagonista come metafora e critica delle peggiori distorsioni della società del tempo, in particolare dell’oppressiva politica imperialista dell’Inghilterra nei confronti della sua Irlanda. Non a caso è famoso un suo sarcastico e paradossale phamplet “A modest proposal”, in cui la “modesta proposta” e quella di risolvere il problema della misera condizione dei suoi connazionali usando i bambini poveri irlandesi come cibo per i ricchi inglesi.
La critica parodistica di Swift non si limita alla società e alle miserie dei potenti, regnanti ed ecclesiastici, la sua opinione su tutto il genere umano è improntata al più nero pessimismo, lo scrittore ha scarsa fiducia nell’uomo e si fa beffe dei difetti e dei vizi più comuni del suo prossimo, la superbia, la presunzione, la vanagloria.
“Poi dopo, ripensando a quell' incedere incalzante
dei viaggi persi nella sua memoria,
intuiva con la mente disattenta del gigante
il senso grossolano della storia
e nelle precisioni antiche del progetto umano
o nel mondo suo illusorio e limitato,
sentiva la crudele solitudine del nano
nell' universo quasi esagerato,
due facce di medaglia che gli urlavano in mente:
da tempo e mare non s'impara niente...”
(Gulliver – Francesco Guccini)
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