domenica 13 aprile 2014

20 anni senza Hank



COMPAGNO DI SBRONZE*

Charles Bukowsky, uno scrittore scomodo: la cattiva coscienza dell’America.
Nato in Germania nel 1920, si trasferì con la famiglia a Los Angeles all’età di due anni.
Il suo burrascoso rapporto con il padre lo portò ben presto a condurre una vita randagia e oltremodo precaria, fra mille lavori saltuari e vari matrimoni falliti, intervallati da ricorrenti ricoveri in ospedale causati dagli eccessi con l’alcol, fino ad approdare ad un impiego sicuro all’ufficio postale (Post Office), abbandonato poi per dedicarsi a tempo pieno al mestiere di scrittore.
In precedenza aveva ottenuto un po’ di notorietà con la rubrica “Taccuino di un vecchio porco”, da lui tenuta su “Open City”, una rivista underground.
In tutte le sue opere Bukowsky ha scritto sempre e soltanto la stessa cosa: il quotidiano ripetersi di un’esistenza marginale e sbandata, vissuta in prima persona o più spesso tramite il suo alter-ego Henry Chinasky, “Hank” per gli amici.
Amici? Gli ubriaconi e i derelitti di bar malfamati e di albergucci di infima categoria, le prostitute di strada, i patetici scommettitori degli ippodromi che inseguono la fortuna senza afferrarla mai, tutti gli sconfitti dell’altra faccia di un illusorio “American Dream”.
Una realtà che l’America non ama mostrare; forse è per questo che non ha mai amato troppo Bukowsky.
Ben diversa la sua fortuna in Europa: la sua notorietà è letteralmente “esplosa” alla metà degli anni ‘70, con best-seller come “Storie di ordinaria follia”, “Factotum”, “Donne”, “Panino al prosciutto”.
Il vecchio continente, stanco forse, della “Kultura” omogeneizzata e sfavillante d’oltre oceano, non poteva non accorgersi di uno scrittore così diverso, di uno che non idealizza la vita, la ripulisce, la mastica e la risputa ben confezionata, ma che, al contrario, la prende di petto, la sfida, ne esce con le ossa rotte e ricomincia da capo, la vive e, soprattutto, la racconta, senza falsi pudori o ipocrisie, nel suo stile semplice e diretto.
“Bukowsky pianse quando Judy Garland cantò al Philarmonic di New York. Bukowsky non sa vestire, non sa parlare. Bukowsky è vecchio. Bukowsky ha paura delle donne. Se Bukowsky fosse una scimmia lo caccerebbero dalla tribù. Per Bukowsky Topolino è un nazista. Bukowsky non capisce Rimbaud. Bukowsky si pulisce il culo con carta da pacchi. Bukowsky odia Babbo Natale. Bukowsky, il grande scrittore. Una statua di Bukowsky al Cremlino, che si spara una sega. Bukowsky che frusta una mulatta di 19 anni con un frustino da domatore, una mulatta dall’enorme seno, una mulatta che legge Rimbaud. Bukowsky cucù nel salotto del mondo si domanda chi avrà spento la fortuna. Bukowsky commosso da Judy Garland, quando ormai era tardi per tutti.”
Charles Bukowsky è morto il 9 Marzo 1994.
Addio, compagno di sbronze.



*Articolo scritto per una rivista underground. Roberto Bonfanti - 1994

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