lunedì 25 novembre 2019

Intervista a Edoardo Guerrini

Una chiacchierata con Edoardo Guerrini, autore di “Senza fili” e “Il quaderno del fato”. Qui la mia recensione.


1. Ciao Edoardo, benvenuto sul mio blog. Vuoi raccontare qualcosa di te ai lettori di Chiacchiere e distintivo?
Ciao Roberto, grazie dell'ospitalità. Mi definirei come un “mancato letterato” imprestato al mondo scientifico: fin dal liceo, infatti, (ho frequentato lo scientifico al noto liceo torinese “Galileo Ferraris”) riuscivo decisamente meglio nelle materie letterarie che in quelle scientifiche pure, come la matematica. Avevo pure abbozzato qualche testo, uno dei quali aveva preso forma scritto a biro sul piano verdino del banco scolastico. Poi, sulla base anche di ragionamenti “indotti” sulle opportunità di lavoro ecc., ho studiato biologia, mi sono specializzato in igiene ambientale e ho iniziato a lavorare nel campo della tutela ambientale. Dal privato alla pubblica amministrazione, nella quale servo ormai da oltre vent'anni. 

2. Gli autori sono prima di tutto dei lettori, quali sono gli scrittori a cui ti senti più legato, magari quelli che ti hanno ispirato o che semplicemente ti piace citare fra i tuoi preferiti?
Sicuramente sono tanti, è difficile scegliere. Tra tutti, credo che i miei più grandi ispiratori siano Proust e Shakespeare. Il primo, di cui ho letto e riletto l'opera maggiore, La Recherche, due volte, penso che permei l'opera di chiunque lo abbia letto. Parafrasando Croce, si potrebbe dire “non possiamo non dirci proustiani”: perché una volta che si comprendono le sue teorie sulla memoria, “le intermittenze del cuore” e quant'altro, queste non possono non influenzare la scrittura, secondo me. Il secondo, lo amo talmente che ho battezzato i miei due gatti Ofelia e Prospero, figurati un po'! Credo che i suoi lampi di lucida individuazione di alcune grandi verità dell'animo umano siano assolutamente fondamentali. Poi, non trascuro di leggere anche molti autori contemporanei, e in particolare seguo il genere giallo: dai più “classici” dell'hard boiled school come Hammett e Chandler, ai contemporanei Montalban, Camilleri, Manzini. Credo che, da Chandler e Hemingway in avanti, un certo tipo di scrittura a frasi brevi, visive, ricca di dialoghi, sia imprescindibile.

3. Come ti sei avvicinato alla scrittura?
Alle soglie dei cinquanta, in particolare a seguito di un viaggio a Napoli che ha risvegliato in me certe memorie familiari a lungo sopite (i miei erano napoletani), ho deciso di scrivere una storia, che è poi diventata il mio primo romanzo, “Senza fili”: la storia di un ufficiale dei carabinieri alle prese con l'indagine più complessa della sua carriera, quella sulla strage di Portella della Ginestra, il primo maggio del 1947. Una storia modellata sull'autentica figura del mio nonno paterno. Sarà che a una certa età, figli più grandicelli e carriera lavorativa più stabile, lasciano qualche spazio a coltivare meglio i propri interessi. Da allora, la mia voglia di scrivere non è mai cessata. Quello appena uscito, il secondo romanzo pubblicato (Il Quaderno del Fato), è in effetti il mio terzo romanzo; il secondo è ancora in attesa di pubblicazione presso un altro editore, e ora sto scrivendo ancora un'altra storia.

4. Qual è stato l’input per la stesura del tuo romanzo, l’idea originale?
Sono partito da un'idea basata su notizie giornalistiche: le biblioteche di Timbuktù, piene zeppe di manoscritti antichi di immenso valore, a rischio di distruzione a causa dell'occupazione del territorio maliano da parte dei terroristi jihadisti. Mi sono immaginato un salvataggio di un manoscritto di un matematico, e ho pensato che quel manoscritto avrebbe potuto contenere dei segreti. È stata la prima volta che mi sono cimentato in una storia completamente creata ex novo, oltretutto, pur amando molto il genere avventura stile George Lucas e Indiana Jones, non avrei mai pensato prima di provare a scrivere qualcosa di simile.

5. Leggendo “Il quaderno del fato” appare evidente che tu abbia fatto un certo lavoro di ricerca prima della scrittura, ce ne vuoi parlare?
Prima di tutto, nel pensare a chi avrebbe potuto essere il matematico autore del testo, mi sono ricordato di una lettura giovanile delle Quartine di Omar Khayyam, e ho identificato immediatamente il “mio” autore: Omar era perfetto! Un genio, poeta e matematico insieme, che incarna una visione del mondo molto lontana dal fanatismo ma permeata di religiosità, con un rapporto dialettico, anche conflittuale, con Dio. Poi ho dovuto, con grande umiltà, accostarmi alla cultura islamica: così mi sono messo, da autodidatta totale, a leggere integralmente il Corano: testo per nulla semplice... Mi sono fatto guidare a conoscere la figura di Mahmoud da un testo divulgativo molto bello, “Il libro disceso dal cielo” di Ahmad 'Abd al Waliyy Vincenzo (Salani ed.); e infine ho dovuto studiare un po' meglio le complessità matematiche che volevo inserire nel libro, e mi sono basato su un altro testo divulgativo, “L'ossessione dei numeri primi” di John Derbyshire (Ed. Bollati Boringhieri).

6. L’altro aspetto, che ho sottolineato nella mia recensione, è l’accento che tu poni sull’integrazione fra i popoli, il tuo romanzo ci racconta una società multietnica che vive in armonia. Qual è la tua opinione?
Ho voluto esporre il mio punto di vista senza fare un libro “a tesi”. Essendo partito da uno spunto dove la guerra contro il fanatismo religioso era un dato di fatto, ancora oggi attualissimo malgrado un paio di anni fa, quando ho iniziato a scrivere, la situazione sembrasse assai più compromessa e l'Isis fosse padrone di mezzo Medio Oriente, volevo evidenziare come in una città come la mia, Torino, in particolare nei quartieri come quello che ho descritto, Porta Palazzo, migliaia di ragazzi di origine straniera sono ormai pienamente integrati. Non voglio ignorare i problemi creati dall'inserimento nel nostro paese di una cultura tanto diversa come quella islamica, ma di certo non credo che la risposta giusta sia quella dei “ministri della paura”. Anzi, vorrei che ci fosse piena chiarezza sulla cittadinanza di questi ragazzi, che ormai sono a tutti gli effetti italiani. I miei Ahmed e Jamila sono personaggi emblematici in questo senso.

7. Quali strumenti usi per pubblicizzare il tuo libro?
Finora ho contattato molti blogger, molti dei quali hanno accettato volentieri di leggere e recensire il mio libro, poi in accordo con l'editore ho contattato diverse librerie e biblioteche della mia zona e sto organizzando vari eventi di presentazione. Poi, sono in contatto con il Collettivo Scrittori Uniti, un gruppo di autori molto attivi che si associano per partecipare alle fiere: con loro ho già portato il Quaderno al Book Festival di Pisa e lo porterò a molte altre fiere: Salone della Cultura a Milano, Festa del libro a Orbassano, per arrivare al Salone Internazionale di Torino a maggio. Ovviamente uso la mia pagina autore su Facebook, l'account Instagram... mi do parecchio da fare!

8. Hai pubblicato con una casa editrice, è stato difficile trovare qualcuno che credesse nel tuo lavoro?
Parecchio, anche perché spero sempre che qualche “major” si accorga di me e provo sempre prima a passare da loro, anche attraverso il Concorso Io Scrittore di Gems che ho sempre tentato per tutti i miei libri, arrivando alla fase finale in due occasioni, sia con “Senza fili” sia con il Quaderno. Poi, contattando l'editrice Castelvecchi ho incontrato Michele Caccamo, editor per Castelvecchi e direttore de Il Seme Bianco, che mi ha proposto la pubblicazione con loro: finora un'esperienza molto positiva!

9. Cosa pensi della situazione editoriale italiana attuale?
Penso che, malauguratamente, l'Italia sia un paese di pochissimi lettori, i più leggono al massimo tre libri all'anno, e di contro l'offerta di nuovi libri sia enorme, tanto che se ne pubblicano oltre 65.000 l'anno. Le tecnologie di stampa e di distribuzione hanno portato a questi risultati non ottimali, che rendono estremamente difficile farsi notare per un esordiente.

10. Come sono i tuoi rapporti con i “colleghi”, gli altri scrittori, i blogger ecc.?
Devo dire che prima di approcciarmi al mondo della scrittura conoscevo davvero poco l'ambiente: i blog di libri, i concorsi letterari... Certo frequentavo ambienti come il bellissimo Circolo dei Lettori di Torino, ma principalmente seguivo letture di classici. Ora che ho imparato, anche per esigenze di promozione, molto di più, credo che le occasioni di scambi e contatti con altri autori e con i blogger siano fondamentali, anche per crescere come scrittore, ma soprattutto per crescere umanamente entrando in contatto con tante belle persone. I momenti passati in compagnia dietro il banco di una fiera, a vendere i libri di tutti; la conoscenza con dei blogger, persone appassionate che spontaneamente e senza alcun guadagno spendono tempo a leggere e promuovere libri altrui... Io stesso ora leggo molti più romanzi di “colleghi” esordienti e li recensisco: è una forma di solidarietà che ritengo doverosa.

11. Stai lavorando a qualcosa di nuovo in questo momento?
Sì, certo, anche se a rilento sto lavorando a un altro progetto piuttosto ambizioso: un giallo ambientato tra Napoli e New York, dove metterò a frutto il mio grande amore per un investigatore “di peso” come il grande Nero Wolfe.

12. Per finire, sogni nel cassetto?
Spero di non peccare di superbia nel dire che mi piacerebbe che Il Quaderno del Fato vincesse qualche premio importante: pur non nascondendomi qualche difetto, gli autori li vedono sempre, penso che se lo possa meritare.

Grazie per la chiacchierata, Edoardo. Ci puoi indicare dove trovare il tuo libro?

In tutte le librerie si può ordinare, arriva in poco tempo perché distribuito da Messaggerie. Poi, ovviamente, sui vari siti come Amazon, Ibs, Feltrinelli.

venerdì 15 novembre 2019

Recensione: Il quaderno del fato di Edoardo Guerrini


La vacanza di Franco e Laura a Marrakech, ospiti del vicino di casa Adil, originario del Marocco ma torinese d’adozione, si trasforma in un’avventura ricca di colpi di scena che coinvolgerà tutta la piccola comunità famigliare della coppia e dei loro amici.
Tutta la vicenda parte dal fortuito ritrovamento di un libro di quartine del poeta e matematico persiano Omar Khayyam (autentico genio visionario realmente vissuto fra l’undicesimo e il dodicesimo secolo), che opportunamente tradotto e interpretato rivela l’esistenza di un secondo volume ancora più misterioso e rivelatore, preda ambita da terroristi che vogliono usarlo per i loro scopi malvagi.
Per seguire le tracce di questo fantomatico codice i nostri si troveranno a viaggiare nel deserto nordafricano e poi ancora verso Samarcanda, in un intrigo di fanta-politica, jihadismo e servizi segreti, fra misteri millenari e personaggi ambigui e doppiogiochisti.
Mi fermo qui per non spoilerare una trama che ho trovato avvincente e ben costruita.
Rimane da sottolineare la bella scrittura di Edoardo Guerrini, chiara e scorrevole, che dimostra una buona padronanza dell’argomento e dei meccanismi narrativi del genere.
L’altro aspetto rimarchevole del romanzo è che ci presenta una visione tollerante e illuminata dell’odierna società multietnica, una luce ottimistica che si contrappone all’oscurantismo e all’integralismo, temi fin troppo, purtroppo, attuali.
Un bel libro che mi sento di consigliare.