sabato 30 agosto 2014

Autori a confronto: Ancora un altro decalogo (allargato) degli scrittori indipendenti

Questo articolo esce contemporaneamente su quattro blog:
Queste pagine, Ant Sacco, Chiacchiere e distintivo e Pagine sporche


Cosa? E voi vorreste che noi scrivessimo un elenco di regole, di consigli, di programmi per gli scrittori che si auto-pubblicano? Una sorta di manifesto, insomma?
Ma vi rendete conto della difficoltà? Noi siamo semplicemente quattro autori self, come si dice, agli esordi. Che poi il limite spazio-temporale entro cui si collocano questi esordi è tutto ancora da definire. 
Va bene, dai, ma noi quattro siamo anime semplici, professionalmente parlando, dedite al Self-Publishing con zelo e con costanza. 
Altro che hobby: per un autore self l’auto-pubblicazione è una missione!
La buona volontà c’è ma quella non basta. Abbiamo esperienza, certo, l’affiniamo, la coltiviamo, la perfezioniamo. 
Ma davvero vorreste da noi consigli?
Beh, come si dice: se davvero insistete, possiamo anche provarci.
Che poi, a dirla tutta, noi, proprio per questo senso che ci caratterizza, di dedizione al compito di eccellenza che il destino ci ha riservato, il Self-Publishing appunto, qualche regoletta l’avevamo già appuntata. 
Non per essere immodesti, s’intende, ma avevamo immaginato che prima o poi un mezzo regolamentino sarebbe stato necessario. E dunque lo tenevamo riposto nello scantinato, da utilizzare all’occorrenza.
Inizialmente avevamo pensato ad un decalogo ma poi i suggerimenti hanno sforato il tetto massimo di dieci e così ci siamo allargati anche noi.
Queste sono le raccomandazioni che ci facciamo quotidianamente. Se vi va, potete farne buon uso anche voi.


1. Parlare male di altri scrittori non peggiora la loro reputazione, bensì la vostra.

2. Scrivere recensioni di libri che avete letto è importante, fa capire come vi esprimete e mostra che siete interessati al lavoro degli altri.

3. Leggere libri di altri e parlarne è la cosa più importante che possiate fare per aiutare la scena degli scrittori indipendenti. 

4. Sembrare uno scrittore professionista non è poi così importante; fondamentale è scrivere come un professionista.

5. Curare la forma è il minimo che potete fare: evitate di pubblicare libri pieni di refusi ed errori.

6. Essere rispettosi e gentili vi porterà più lontano piuttosto che adottare atteggiamenti presuntuosi  e arroganti.

7. Spesso le persone influenti (editori, blogger, giornalisti, ecc.) sono amiche tra di loro: conquista la stima di uno di loro e sarai stimato da tutti. Procurati l’inimicizia di uno e tutti ti inseriranno nella lista nera. 

8. La promozione attraverso vari media è importante. Regala qualche copia del tuo libro, anche in formato digitale. 

9. Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest, Goodreads non sono l’unico mezzo, o il più adatto, per farti conoscere. Se tutto il tuo piano promozionale è sui social, sei condannato all’anonimato. 

10. Cerca di aiutare i tuoi colleghi, spesso questo aiuto torna indietro.

11. Continua a scrivere e a pubblicare.

12. “Frequenta” la vita vera e traine ispirazione.



venerdì 29 agosto 2014

L’angolo del distopico #4


Robert Harris - Fatherland

Il romanzo si svolge in una realtà alternativa (è quindi più di tipo ucronico che distopico), in cui la Germania ha vinto la seconda guerra mondiale, si è annessa la Polonia, l’Austria e gran parte della Russia europea. Il Terzo Reich controlla politicamente le nazione dell’Europa occidentale, mentre l’ex unione Sovietica è diventata un paese asiatico, alleata degli Stati Uniti, paese in guerra fredda con la Germania
Hitler, alla vigilia del suo 75° compleanno, è il capo supremo della Germania e molti alti ufficiali nazisti, fra i quali Goebbels e Heydrich, occupano posti di primo piano nel governo del paese.
Il protagonista del romanzo, Xavier March, è un agente della polizia criminale, che si trova ad indagare sulla misteriosa morte di un gerarca nazista. La sua indagine lo porta a incontrare una giornalista americana, con la quale, dopo le incomprensioni iniziali, allaccia una relazione sentimentale. Nonostante l’ostilità della Gestapo, March porta a termine la sua indagine, scoprendo le prove di un terribile segreto che i vertici nazisti hanno nascosto all’opinione pubblica per oltre vent’anni.
La struttura del libro è quella di un thriller fantapolitico, ma l’elemento distopico aleggia su tutto il racconto, ne è un esempio l’atteggiamento del figlio del protagonista, nato e cresciuto in una dittatura che controlla le azioni e il pensiero fin dall’infanzia, che considera il padre poliziotto non abbastanza allineato all’ideologia, e che per questo… (niente spoiler nelle mie recensioni!).

mercoledì 27 agosto 2014

Il pirata


Un pirata aveva commesso, in vita sua, ogni sorta di efferatezza: aveva rubato, ucciso, torturato, stuprato, si era macchiato di tutti i crimini possibili e immaginabili.
Quando sentì la fine vicina volle che un sacerdote, un giovane prete che aveva fatto prigioniero durante un arrembaggio, fosse condotto al suo letto di morte.
“Figliolo.”, gli disse il prete, “Se il tuo pentimento è sincero puoi sperare nella clemenza del Signore e...”
“Me ne fotto di queste cazzate!”, lo interruppe il vecchio pirata, “Non mi pento di nulla, se potessi tornare indietro rifarei tutto quello che ho fatto, tornerei a rubare e ammazzare ancora. Ma...”, e la sua voce si addolcì un po’, “...c’è un pensiero che mi ha tormentato in questi ultimi anni. Tanto tempo fa io ho avuto una relazione con una dama, una nobildonna spagnola, alla quale avevo ammazzato il marito. Dal nostro rapporto nacque un figlio, che io non ho mai visto, l’unica cosa che so di lui è che ha sul petto una voglia a forma di croce. So che la madre è morta, ma mio figlio dev’essere un uomo ormai: trovalo e digli chi era suo padre. Sei libero, prete, ma... devi trovarlo, giurami che lo farai!”
“Lo farò.”, disse il prete, ma il vecchio non poteva più sentirlo.
Sulla nave che lo riportava in Spagna il giovane sacerdote ebbe tempo per pensare; i lunghi mesi di prigionia lo avevano segnato, avevano minato la sua fede, le sue convinzioni.
Sentiva farsi più forti i dubbi e le domande che aveva sempre scacciato dalla sua mente, quelle incertezze che aveva cercato di colmare con gli studi teologici, quei brutti sogni di morte, sangue e distruzione che lo tormentavano come una maledizione, emersi dalle nebbie delle sue origini.
Tutto questo pensava, avvertendo l’assurdità della vita e l’inutilità di quella ricerca finita prima di cominciare, toccandosi quella strana voglia a forma di croce che aveva sul petto.

Roberto Bonfanti - 1990

lunedì 25 agosto 2014

L'angolo del distopico #3

Ray Bradbury - Fahrenheit 451

In un ipotetico futuro prossimo la lettura e i libri sono fuorilegge, la loro ricerca e distruzione è affidata ad un apposito corpo di pompieri (!). Il governo usa la televisione come mezzo di informazione e controllo sociale (è qui il romanzo di Bradbury riprende un tema caro al 1984 di Orwell, anche se, in questo caso la tv è un mezzo puramente passivo, e non attivo, come gli schermi dotati di telecamera del Grande Fratello). Il rogo dei libri è funzionale alla formazione di una società composta da buoni consumatori, rispettosi della legge e disinteressati a qualsiasi forma di cultura critica. Il protagonista del romanzo, Montag, è uno dei pompieri; la sua iniziale fedeltà alla causa viene minata da una casuale e fugace lettura, che risveglia la sua curiosità e lo spinge a salvare e leggere di nascosto quei volumi che avrebbe dovuto bruciare. In questo trova un’alleata nella sua vicina di casa Clarisse, una ragazza libera e refrattaria alle regole, così diversa da Mildred, la sua ottusa moglie. Il tradimento del sistema da parte di Montag lo costringe alla fuga e alla clandestinità. Il finale (che non svelo) lascia aperto uno spiraglio alla speranza e alla salvezza, diversamente da quanto avviene in altri romanzi distopici.
Da Fahrenheit 451 è stato tratto un omonimo film, una delle poche trasposizione cinematografiche all’altezza del libro (per restare in tema mi vengono in mente altri due esempi: Arancia meccanica e Blade runner). Ma forse in questo giudizio sono condizionato dalla mia fascinazione per l’estetica da “nostalgia del futuro” dell’opera di Truffault…
Concludo con una citazione di Josif Brodskij, più volte riportata dal mio amico Wirton Arvel: “Ci sono crimini peggiori del bruciare libri. Uno di questi è non leggerli.” 

domenica 24 agosto 2014

L'angolo del distopico #2

Aldous Huxley - Il mondo nuovo.



E' un romanzo piuttosto complesso: ipotizza un futuro in cui gli individui subiscono un condizionamento totale, esercitato fin dalla nascita, tramite i mass media, l'uso incentivato delle droghe ricreative e della promiscuità sessuale, l'omologazione dei desideri e dei bisogni. Tutto questo porta a far credere di vivere nel migliore dei mondi possibili, sacrificando a questa "felicità" artificiale i valori che vengono ritenuti superflui, come la famiglia, l'amore, la diversità culturale, l'arte, la religione, la letteratura, la filosofia e la scienza. La società è rigidamente divisa in caste, non esiste povertà, guerra e infelicità, ma il prezzo da pagare è l’assenza del libero arbitrio. L’arrivo del “buon selvaggio” mostrerà le crepe del sistema. Ho semplificato molto...

sabato 23 agosto 2014

L'angolo del distopico #1

Inauguro la "rubrica" tradendo un po' il genere... Non male come inizio, molto in tema...

J.G. Ballard – La mostra delle atrocità


Un testo non proprio balneare. Ballard da il meglio e il peggio di sé in questo libro, pensate a un Kurt Vonnegut in acido, riscritto da William Burroughs e vi farete un idea. Qui si va oltre la distopia e il catastrofismo delle sue opere precedenti. Qui le icone mediatiche e gli avvenimenti epocali vengono frammentati e ricomposti in un mosaico che è una specie di sunto della follia della modernità. Marilyn, Kennedy, la corsa allo spazio, la guerra in Vietnam, usati alla stregua di feticci psicotici e soggetto di metaforiche “opere d’arte”. “Testo labirintico, la Mostra delle atrocità può essere consultato come un catalogo (di una mostra, per l'appunto) delle ossessioni del nostro tempo.” (cit.)

martedì 12 agosto 2014

Recensione: 3x3 Racconti erotici di Monica Roiati


Le mie letture sono molto varie, mi piace spaziare fra i generi e l’unico metro di giudizio che adotto per i libri è la capacità dell’autore di coinvolgermi nella storia che racconta. Premesso questo, ammetto che la letteratura erotica è uno dei generi che frequento meno, soprattutto quella contemporanea, forse perché la vedo come un fenomeno commerciale, uno moda derivata dal grande successo di libri di scarsa qualità, come le 50 sfumature e i suoi innumerevoli cloni.
3x3 Racconti erotici di Monica Roiati è quindi una piacevole sorpresa. Già la struttura del racconto mi intriga: tre storie raccontate prima dal punto di vista femminile e poi da quello maschile, uno sdoppiamento della percezione degli avvenimenti che trovo molto interessante e, se posso permettermi, affine al mio modo di scrivere. L’autrice usa questo stratagemma per mostrarci i risvolti del racconto che, nella duplice esposizione, riservano non poche sorprese. I temi centrale delle storie sono dei rapporti complicati di sesso e erotismo, ma la narrazione tocca anche molti altri argomenti: il logorio della vita moderna (cit.), le diversità culturali, le difficoltà di trovare il proprio ruolo nella società. Il linguaggio scelto è molto scorrevole e lineare, esplicito, come si conviene per un libro che tratta tale argomento, ma mai volgare o autoindulgente, funzionale al racconto. Il mio episodio preferito è “Benzina”, il secondo. In definitiva un bel libro, molto attuale e realistico. Lo consiglio a tutti, tutti gli adulti, ovviamente!



mercoledì 6 agosto 2014

Intervista a Chiara Pesenti

Quattro chiacchiere con Chiara Pesenti, autrice del blog “Il mondo di Cheddonna”.

1. Ciao Chiara, benvenuta nel mio blog. Vuoi raccontare qualcosa di te ai miei lettori?
Ciao, Roberto. Certamente! Vediamo: quarant'anni (circa!), un marito, un figlio, un figlio, un figlio, un figlio...quattro IlPrincipe sparsi tra l'adolescenza e l'infanzia inoltrata. Nel tempo libero lavoro come impiegata, mentre in passato sono stata insegnante di sostegno alle medie. Nel tempo libero del tempo libero leggo e scrivo. A volte, lo ammetto, dormo.

2. Come hai scoperto la scrittrice che c’è in te?
Fin da piccola adoravo leggere e scrivevo racconti, poi, da buona adolescente, poesie e diari pieni di pathos. Per lungo tempo non ho scritto più nulla. Per scrivere ci vuole tempo, ma anche il giusto spazio mentale. Dal 2009 ho ripreso a scrivere per un giornalino locale e da allora non ho più smesso. Sentivo di avere molte cose da raccontare, e ho scelto un registro nuovo, quello dell'ironia; ho cominciato a scrivere le avventure di Cheddonna e, nel 2012 ,è nato il blog.

3. Di solito un autore esordiente cerca un contatto con una casa editrice, oppure si affida a una delle varie piattaforme di self publishing. Tu, invece, hai deciso di pubblicare i tuoi racconti in un blog, che prende il nome dalla tua protagonista, Cheddonna. Cosa ti ha spinto a questa scelta?
In realtà qualche timido approccio con case editrici l'ho avuto, anche se mi sono limitata a contattarne due o tre, per il momento. Non mi piace l'idea di auto-pubblicarmi, perché, un po' fatalisticamente, ho sempre pensato che se una casa editrice vorrà correre il rischio di pubblicare ciò che scrivo, sarà perché ritiene che ne valga la pena, altrimenti continuerò a scrivere per me stessa e per il pubblico che, piano piano, ha cominciato a seguire il blog.

4. Già solamente leggendo i nomi dei tuoi personaggi (Cheddonna, Miomarito, Pittibimbo, Lastregadisopra, Losplendido ecc.) si capisce che i tuoi racconti hanno un taglio ironico, quanto c’è della tua vita in quello che scrivi?
I protagonisti dei miei racconti, così come le avventure, spesso grottesche, che vivono, sono tutti ispirati alla realtà. Ogni personaggio, da Cheddonna, a Miomarito, a Lastregadisopra, è un insieme di persone diverse, ma anche il risultato di un'evoluzione naturale. Inizialmente sono nati come dei “tipi” ma, col tempo, da macchiette stereotipate si sono trasformati in figure sempre più complesse, più umane. Man mano che le loro storie si dipanano tra i vari post acquistano spessore anche i personaggi. Un po' come facciamo noi, anche loro sono cresciuti, evolvendo, e continuano a farlo, di post in post, come nella vita. Cheddonna, per esempio, doveva essere  una sorta di desperate housewife di provincia, ma io stessa non so ancora tante cose di lei, pensa che non so neppure se lavora o fa davvero la casalinga! Adesso il suo è un personaggio con diverse sfaccettature, nel quale è facile identificarsi. Come dico spesso “C'è un po' di Cheddonna in ognuno di noi” 

5. Hai altri progetti su cui stai lavorando?
Mi piacerebbe scrivere un romanzo vero e proprio, lasciando per un po' da parte il registro dell'ironia e scrivendo qualcosa di più impegnativo. Per ora ho scritto  alcuni racconti sul tema della diversità, della vecchiaia e del disagio.

6. Come giudichi le nuove possibilità offerte dai social media e dalle rete in generale, per chi si dedica alla scrittura?
La rete è un mezzo potentissimo. Io, da blogger, ne sperimento quotidianamente le potenzialità.  E' come un enorme mare, che consente di far arrivare ciò che si scrive potenzialmente a tutto il mondo, ma è anche un'arma a doppio taglio, perché, come nel mare, vi si trova di tutto, anche la spazzatura letteraria, e il rischio è che gli utenti si stanchino di pescare.

7. Sogni nel cassetto?
Un aforisma, attribuito fra gli altri a Garcia Lorca, dice che  nella vita, bisognerebbe fare tre cose: avere un figlio, piantare un albero e scrivere un libro. Le prime due voci le ho già spuntate dalla lista...





Grazie della chiacchierata, Chiara. Prima di salutarci vuoi indicarci il link del tuo blog?

Grazie a te, e a chi ha letto questa intervista! 
Ecco il link del blog
e su Facebook ci sono anche il gruppo “Il mondo di Cheddonna” e la pagina “Cheddonna”.
Vi aspetto!