In un ipotetico futuro prossimo la lettura e i libri sono fuorilegge, la loro ricerca e distruzione è affidata ad un apposito corpo di pompieri (!). Il governo usa la televisione come mezzo di informazione e controllo sociale (è qui il romanzo di Bradbury riprende un tema caro al 1984 di Orwell, anche se, in questo caso la tv è un mezzo puramente passivo, e non attivo, come gli schermi dotati di telecamera del Grande Fratello). Il rogo dei libri è funzionale alla formazione di una società composta da buoni consumatori, rispettosi della legge e disinteressati a qualsiasi forma di cultura critica. Il protagonista del romanzo, Montag, è uno dei pompieri; la sua iniziale fedeltà alla causa viene minata da una casuale e fugace lettura, che risveglia la sua curiosità e lo spinge a salvare e leggere di nascosto quei volumi che avrebbe dovuto bruciare. In questo trova un’alleata nella sua vicina di casa Clarisse, una ragazza libera e refrattaria alle regole, così diversa da Mildred, la sua ottusa moglie. Il tradimento del sistema da parte di Montag lo costringe alla fuga e alla clandestinità. Il finale (che non svelo) lascia aperto uno spiraglio alla speranza e alla salvezza, diversamente da quanto avviene in altri romanzi distopici.
Da Fahrenheit 451 è stato tratto un omonimo film, una delle poche trasposizione cinematografiche all’altezza del libro (per restare in tema mi vengono in mente altri due esempi: Arancia meccanica e Blade runner). Ma forse in questo giudizio sono condizionato dalla mia fascinazione per l’estetica da “nostalgia del futuro” dell’opera di Truffault…
Concludo con una citazione di Josif Brodskij, più volte riportata dal mio amico Wirton Arvel: “Ci sono crimini peggiori del bruciare libri. Uno di questi è non leggerli.”
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