Fiammetta, la protagonista, ormai adulta e sposata con uno scrittore di libri per bambini, si trova costretta a lasciare il suo protettivo nido parigino per tornare nel suo paese d’origine, abbandonato all’età di otto anni, per seguire il marito insignito di un premio letterario.
A Torralta, in un mondo provinciale che sente estraneo e ostile, deve fare i conti con il suo vissuto, con antichi legami e un’infanzia che ha lasciato strascichi e incubi nella sua quotidianità.
Di colpo affiorano alla sua mente ricordi sepolti, un mistero che non era riuscita a dipanare e che riaffiora frequentemente nei suoi sonni tormentati, un senso di colpa che tenta di sedare con l’aiuto dell’analisi e degli ansiolitici, immune anche alla comprensione di un marito attento e sensibile.
Nadia Bertolani è abile nel costruire una storia che vive in due piani temporali, il presente e un lontano passato che procedono in parallelo, fino alla collisione finale, una catarsi che permette alla protagonista di fare pace con se stessa.
La scrittura classicheggiante, arguta e ricca di sfumature, fa di questo romanzo un piccolo gioiello, uno dei migliori esempi di quel mondo della letteratura “indipendente” che meriterebbe maggiore visibilità.
Ho scoperto questo libro principalmente perché era in finale nel concorso “Indiebook Go”, promosso da Extravergine d’Autore, insieme al mio “La vita è dura nei dettagli”, ed è stato una bella sorpresa. Non ho difficoltà ad ammettere che il responso della giuria, che gli ha assegnato la vittoria, è assolutamente giusto. Sono onorato che il mio romanzo sia arrivato a tale traguardo insieme a quest’opera che reputo di ottimo livello.