Dieci racconti fra il pulp e il surreale, con schizzi di horror e di noir, venati da un umorismo nero shocking.
I personaggi di queste storie commettono e subiscono atti di ultra-violenza, sotto l’impulso della chimica o di un totale cedimento dei nervi, sono figure che hanno oltrepassato il punto di non ritorno. Spesso si presentano come uomini e donne perfettamente integrati, “normali”, ma quando scatta un fatale “click” nelle loro esistenze precipitano in inferni di sangue e brutale follia.
Lo sguardo del narratore quasi mai indugia in giudizi morali, racconta le vicende con ironico distacco, ce le mostra così come sono: una galleria di eccessi, parto della fantasia, ma non troppo lontani da certa cronaca nera.
Il ritmo narrativo è veloce, la scrittura asciutta e scandita da immagini e dialoghi immediati, sicuramente privilegia l’azione rispetto all’introspezione e qua e là affiora qualche cliché, peraltro perdonabile, visto il taglio dei racconti, ma non ci si annoia di certo nel leggere “Fermo! Che la scimmia spara”, si scorrono le pagine fino agli epiloghi quasi sempre spiazzanti, mai scontati.
Molto interessante l’ambientazione nostrana (la provincia toscana, nel dettaglio), più sincera delle solite e abusate location statunitensi, che accentua il contrasto fra quotidianità e grottesco.
Credo di non sbagliare affermando che l’autore apprezzi la scrittura di Palahniuk, Ammaniti, Bukowki e compagnia bella, oltre, naturalmente, il cinema di Tarantino e Rodriguez; in certe passaggi l’omaggio ai maestri strizza l’occhio al lettore.
Un bell’esordio per David Cintolesi, aspettiamo conferme.
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