Un racconto lungo che si colloca nel filone della fanta-sociologia, direi anche utopica. Un ricercatore mette a punto un virus capace di manipolare le abitudini di un intero ceppo culturale, spinto da un distorto senso umanitario decide di tenere la sua scoperta nascosta al mondo e diffonde il contagio, ma qualcosa va storto e i risultati sono imprevedibili. L’autore gioca con gli stereotipi e i cliché che da sempre accompagnano i cittadini delle varie nazioni, creando uno scenario intelligente e profondo, che fa riflettere e, talvolta, sorridere amaramente. Mario Pacchiarotti probabilmente è un inguaribile ottimista, non è nuovo a questi disegni di riscatto dell’umanità; in questo caso, come ultima ratio, affida alla fede nella scienza il compito di estirpare i tanti mali della società. Un testo con più chiavi di lettura, un meccanismo perfetto uscito dalla penna di un narratore tanto abile quanto visionario. Certo che in Teutovirus gli scienziati non sono molto fortunati…
Bella intervista. Libro interessante. Bravo Roberto.
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