L’autrice definisce questo racconto “fiaba” e, in effetti, nella narrazione ci sono molti degli elementi caratteristici delle fiabe: gli orfanelli, il viaggio iniziatico, il lieto fine. Ma c’è anche molto di più. C’è la capacità di rendere in maniera vivida e realistica le ansie e le speranze di una bambina di nove anni, i suoi consueti riti scanditi dal passare dei giorni grigi, fra solidarietà e piccoli dispetti all’interno dell’orfanatrofio, dall’attesa del dì di festa che porta la promessa di un’adozione, quasi una lotteria con in premio il riscatto da un’esistenza triste e priva dell’affetto al quale Didine aspira. Ci sono pagine divertenti e altre toccanti, senza mai scendere nel pietismo strappalacrime. Ci sono gli echi di un sistema sociale disumano mascherato da caritatevole compassione cristiana nella facciata, bigotto e retrogrado nella sostanza.
Alla fine c’è anche l’orco.
Quindi, in fondo, è proprio una fiaba; ne consiglio la lettura dai 5 ai 95 anni.
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