Il viaggio di Jey, un piccolo trafficante di marijuana, in una America polverosa e onirica.
Abbandonato dal suo compare Vik, il protagonista parte alla sua ricerca, affrontando una serie di avventure, costellate da incontri con loschi personaggi, delitti, miraggi e fughe rocambolesche.
Le sue peregrinazioni sono scandite da luoghi simbolici, anche nei nomi: Crossroad, Nowhere, Hope, a rappresentare un viaggio più che altro nella propria coscienza, quasi un rituale iniziatico, che, soprattutto nel finale, diventa una riflessione sull’esistenza.
Buona la scrittura, Massimo Ginestri usa un registro “visivo”, compone un romanzo che è in pratica un road movie, il lettore attento non farà fatica a trovare gli echi di tanta letteratura e filmografia di genere, si va da certe cose di Neil Gaiman all’iconico On the road, ma non scade mai nell’emulazione, plot e svolgimento sono del tutto originali.
Alla fine, comunque, il messaggio è affine a quello di “papà” Kerouac: Quello che conta è il viaggio. Consigliato.
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